VI RACCONTO LA MIA MORTE.
VI RACCONTO LA MIA MORTE.



La più bella esperienza della mia vita.

Cronaca dei fatti vissuti da Stefan Von Jankovich.

Momenti di vita con esperienze paranormali.


Dalla narrazione di Stefan Von Jankovich nel suo libro “Vi racconto la mia morte.” La più bella esperienza della mia vita: Il giorno «16 settembre del 1964» alle ore 13,15 in seguito ad un incidente stradale in Svizzera nei pressi di Claro, vicino a Bellinzona, nel Canton Ticino, io sono clinicamente morto.

Ero seduto accanto al conducente di un'Alfa Romeo Spider che si è scontrata con un Camion e sono stato proiettato fuori dall'abitacolo. Cosa vuol dire «clinicamente morto?» Cos'è la morte? Cosa significa morire?
La morte, l'orribile scheletro con la falce, oggi per me non esiste più come tale. Ho constatato che la morte è un passaggio, è una fine e un principio, una cosa bella. Ma cos'è realmente la morte?
Tenterò di sviluppare alcuni pensieri sulla morte affinché i lettori possano capire meglio le esperienze nello stato di morte clinica. La morte: un tempo era tabù, poi è stata ignorata, successivamente è stata temuta, però non è mai stata studiata.


L'incidente stradale in Svizzera.

Foto dell'incidente con il corpo di Stefan Von Jankovich riverso sulla strada. A destra il camion e a sinistra l'Alfa Romeo Spider dove viaggiava Stefan.
Stranamente noi studiamo tutto ciò che è in rapporto con la vita, ma della morte non parliamo. È triste, è tragico, e la cosa strana è che non si parla della morte benché si sappia tutti, con sicurezza, che alla morte non è possibile sfuggire. Tutto nella vita è incerto, una sola cosa è certa: la morte. Con la morte noi concludiamo questa vita, però: Perché viviamo? Come dobbiamo vivere?


Dinamica dell'incidente ricostruito dalla polizia.

Qual è lo scopo della nostra vita? Ma si affacciano anche altri interrogativi: Se la morte è davvero inevitabile, è giusto tenerla lontana più a lungo possibile? O dobbiamo arrenderci ad essa? La morte è un inizio o una fine? Se è una fine, cosa finisce con essa? Se è un inizio, cosa comincia con essa? Se è una modificazione, cosa si modifica con la morte?
La nascita è un passaggio da un'esistenza ad un'altra attraverso l'incarnazione o la reincarnazione dello spirito sul piano della materia. E la morte che cos'è? È un passaggio ad un altro livello di coscienza? È una nascita? E se lo è, possiamo strutturarla, guidarla, pilotarla, influenzarla in qualche modo?
E, infine, l'interrogativo piú importante di tutti: Come dobbiamo vivere?
La vita è un susseguirsi di prove, una continua sfida alle nostre capacità. Con linguaggio figurato potrei rappresentare questa situazione come segue;


Il Percorso della Vita terrena con i suoi ostacoli.

Quando veniamo al mondo noi passiamo attraverso una porta, che chiudiamo dietro di noi, e veniamo a trovarci in un lungo corridoio pieno di ostacoli. La cosa ci sconcerta e ci disorienta. Il periodo di questo disorientamento dura 6 -7 anni. Nel frattempo dimentichiamo tutto ciò che è accaduto prima della nostra nascita. Poi cominciamo a muovere qualche passo, tentiamo di superare iI primo ostacolo. Forse ci riusciamo, forse no. Ma può anche darsi che rinunciamo alla prova. Quindi tentiamo di superare il secondo. Altra decisione: prendere la rincorsa e saltare.... o rinunciare? E così avanti finché, piuttosto stanchi, arriviamo alla fine del corridoio, in fondo al quale c'è la porta d'uscita, che conduce alla morte. Giunti sulla soglia, ci giriamo a guardare, vediamo il percorso fatto, gli ostacoli superati, quelli rovesciati e quelli evitati, e ricapitoliamo rapidamente tutto nel «film della nostra vita». Ci rammarichiamo per gli ostacoli rovesciati e per quelli evitati, occasioni perdute. Facciamo il bilancio, e attraversiamo la porta che conduce al mondo dello spirito. Qui un tabellone indica gli ostacoli che avremmo dovuto superare. Quelli superati per fortuna non sono elencati. Esaminiamo sgomenti quelli ancora da affrontare, e cominciamo subito ad elaborare il programma per il passaggio successivo. Gli ostacoli, le qualità negative, le situazioni archetipe da superare sono ancora molti; e noi decidiamo quali affrontare nel nostro prossimo soggiorno su questa Terra. Per motivarli decidiamo sotto quale segno zodiacale vogliamo rinascere, con quali caratteristiche archetipe, buone e cattive, e ci scegliamo il gruppo sanguigno e i problemi fisici e psichici da superare. Poi stabiliamo la famiglia, il paese, il periodo in cui vogliamo nascere, la situazione sociale ed economica e aspettiamo... secondo la misura del tempo che vige sulle Terra può passare un secondo... o cento anni. E ricominciamo.

Se ci occupiamo a fondo di questi problemi ci rendiamo conto che la morte è la piú grande maestra di vita. La medicina non ha ancora definitivamente risolto il problema della morte. I criteri di accertamento subiscono modificazioni continue. Un tempo erano ritenuti segni sicuri di morte: prima l'arresto del respiro, poi l'arresto cardiaco. Oggi è ritenuta segno di morte sicura la cessazione dell'attività cerebrale, la scomparsa delle correnti prodotte dall'attività del cervello rilevabili mediante l'esame elettroencefalografico. Ma esistono sicuramente anche altri segni, che dobbiamo ancora ricercare. La medicina ufficiale deve adoperarsi con grande impegno per uscire dal vicolo cieco in cui si trova e studiare l'uomo nella sua totalità, quale unità psicosomatica, riconoscere che esso è dotato di una struttura molteplice.

Quando la medicina si evolverà e diventerà una disciplina integrata avremo spiegazioni migliori anche per la morte. Per me la morte è un processo di trasformazione caratterizzato dalla separazione delle componenti immateriali dell'uomo da quella materiale, dal corpo. Il corpo «muore» perché gli viene sottratta l'energia vitale. Però il fenomeno non è repentino, è un processo che inizia nel momento dell'arresto cardiaco (morte cardiaca), quando alle cellule non viene fornito l'ossigeno necessario, e termina quando sopravviene la morte cerebrale. Nelle prime fasi del trapasso è ancora possibile la rianimazione, ma esiste un punto a partire dal quale il soggetto non può essere piú richiamato in vita perché si distrugge lo strumento della COSCIENZA DELL'IO, il cervello, e la parte materiale dell'uomo, il corpo, si separa definitivamente dalle parti immateriali. La morte consiste per l'appunto in questo processo di separazione. L'uomo cessa di esistere come uomo e le sue due diverse componenti cominciano ad esistere indipendentemente l'una dall'altra. La materia che costituisce il corpo compirà il ciclo cui è destinata, seguirà le sorti della materia: «Memento homo quia 'pulver es et in pulverem reverteris» (Ricorda, uomo, che sei polvere e polvere ritornerai).

Ero seduto vicino al conducente.

La parte immateriale dell'uomo, la sua personalità, la coscienza dell'Io continuerà a vivere secondo principi completamente diversi, secondo le leggi del mondo immateriale (quello spirituale). Nulla scompare, tutto si trasforma.

È successo questo.
Mentre stavo seduto accanto al conducente, in seguito all'urto subìto dalla macchina sono stato catapultato fuori dell'abitacolo e sono finito sulla strada privo di sensi con 18 fratture ossee. La mia esperienza di morte, probabilmente è iniziata nel momento in cui il mio cuore ha cessato di battere.


L'incidente stradale visto dall'altro lato.

Nell'incidente si vede il corpo di Stefan Von Jankovich riverso sulla strada. A sinistra il camion e a destra l'auto dove viaggiava Stefan.

Per la carenza di ossigeno le cellule del cervello hanno cominciato a subire modificazioni e contemporaneamente il mio corpo astrale (corpo energetico, biocorpo, corpo eterico o comunque lo si voglia chiamare) o sostanza sottile portatrice dell'anima (o dei principi superiori), e il mio spirito hanno abbandonato il mio corpo fisico. Durante quei minuti sono stato privo della capacità di percezione e non ne conservo alcun ricordo. La mia coscienza e le funzioni subconsce erano totalmente offuscate. Ero un uomo ancora vivo ma privo di coscienza.

Ciò che ha visto Stefan Von Jankovich.

Quello che il mondo spirituale ha fatto vedere a Stefan Von Jankovich mentre il suo spirito fluttuava in astrale.

All'inizio dello stato di morte clinica, nella prima fase della morte, quando il mio corpo astrale e la parte più elevata del mio essere si sono separati dal mio corpo fisico gravemente ferito, davanti a me si è alzato un sipario, come a teatro, e ha avuto inizio una rappresentazione in piú atti, nella quale ho sperimentato la vita terrena e la successiva esistenza astrale. Questa «rappresentazione» comprendeva atti, tappe o fasi, non so quanti. Io «ho preso parte» alle prime tre fasi, che hanno lasciato in me un'impressione così profonda che da allora sono un altro, una persona completamente diversa.
All'inizio dello stato di morte clinica, nel momento della separazione dal corpo, ho avvertito una progressiva dilatazione della coscienza dell'io, dilatazione che avveniva sul piano immateriale, non su quello materiale. Ho sperimentato tre tappe, o fasi. Anche nei racconti di esperienze analoghe vissute da altri, si ritrovano sempre queste tre fasi:
1. Consapevolezza della morte.
2. Osservazione della propria morte.
3. Film della propria vita e giudizio.

Tra l'una e l'altra fase ho avuto anche varie altre percezioni, che allora definii «intermezzi».
1a Fase: Consapevolezza della morte

L'esperienza di morte ebbe inizio con l'arresto cardiaco. Per la carenza di ossigeno il cervello cessò di essere latore della coscienza dell'io. Fu allora che le mie componenti immateriali si separarono dal corpo materiale.

L'entrata nel tunnel verso la Luce.

Molti rianimati raccontano di aver provato la sensazione di uscire all'aperto dopo aver attraversato un tunnel.
Poi all'improvviso ripresi conoscenza. Mi sentivo come liberato da uno stato d'angoscia, di oppressione, di limitazione. Molti rianimati raccontano di aver provato la sensazione di uscire all'aperto dopo aver attraversato un tunnel. Avvertivo con sollievo di aver riacquistato coscienza: «Sono sopravvissuto allo scontro», questa fu la mia prima sensazione. Però il mio «risveglio» non era come mi sarei aspettato, perché avevo contemporaneamente anche questa precisa sensazione: STO MORENDO.
Con mio grande stupore non trovavo la morte affatto sgradevole. Non avevo affatto paura di morire. Era un fatto naturale, ovvio. Morivo, finalmente me ne andavo da questo mondo. Non avrei mai immaginato che ci si potesse separare dalla vita tanto piacevolmente e tanto semplicemente. All'improvviso non ci si aggrappa piú spasmodicamente alla vita. Noi ci aggrappiamo alla vita perché non sappiamo cosa significa morire. La religione cristiana ci dice molto poco su quel che succede dopo la morte.
Avendo subìto un incidente, io, per fortuna, praticamente non ho avuto agonia. Per lo shock subìto la mia coscienza dell'io, il mio corpo astrale, la mia anima e il mio spirito si sono separati di colpo dal corpo materiale. E io ne ho provato un grande sollievo, una sensazione di «alleggerimento». Trovavo questo stato bello, naturale, cosmico. «Finalmente ce l'ho fatta», pensavo senza alcuna paura. «Sono felice di morire». Ma contemporaneamente ero curioso di sapere cosa sarebbe successo. Ero felice e curioso come un bambino in attesa del Natale.


La prima bozza dopo il risveglio in ospedale.

Una prima bozza disegnata da Stefan Von Jankovich dopo il suo risveglio in Ospedale. Era la visione di ciò che aveva visto.

Sentivo che mi stavo librando e udivo suoni meravigliosi. Contemporaneamente percepivo forme, movimenti e colori che armonizzavano perfettamente coi suoni e le vibrazioni.
In qualche modo avevo la sensazione di non essere solo. Però non vedevo nessuno. Una pace divina e un'armonia mai prima percepita colmavano la mia coscienza.
Ero totalmente felice e completamente privo di problemi. Ero solo: nessuna creatura di questa terra (genitori, moglie, figli, amici o nemici) turbava la mia pace.
Ho riflettuto tante volte se in quei momenti qualche problema terreno o qualche pensiero abbia occupato la mia mente, ma non ricordo niente del genere.




Dio è la sorgente di Luce che dà Vita a tutte le forme.

Ero - come ho detto - completamente solo, assolutamente felice e pervaso da una grande mai prima conosciuta armonia. Avevo ancora un'unica sensazione precisa, simile a quella trasmessa dalla Corale « Più vicino a Te, mio Dio... ». Mi libravo verso l'alto, sempre piú in alto, sempre più vicino alla Luce.
Poi questa prima fase, caratterizzata dalla sensazione di appagamento, di «morte felice», si trasformò in un «intermezzo»: i suoni divennero piú «trasparenti», piú belli e piú forti e sommersero tutto, accompagnati da colori, forme e movimenti. I colori, dai toni pastello, erano brillanti; cristallini ed estremamente luminosi, di una bellezza inverosimile. Una pace divina e un'armonia mai prima percepita colmavano la mia coscienza.

IL SOLE
2a Fase: Osservazione della propria morte

Dopo questo splendido intermezzo il sipario si alzò di nuovo ed ebbe inizio un'altra fase. Era strano, mi sentivo fluttuare... anzi fluttuavo veramente. Mi trovavo sopra il luogo dell'incidente e vedevo il mio corpo gravemente ferito giacere senza vita esattamente nell'atteggiamento descritto in seguito dai medici e dai verbali della polizia. Vedevo l'intera scena, con chiarezza e «trasparenza», contemporaneamente da piú parti. Vedevo anche la nostra macchina e le persone che le stavano intorno sul luogo dell'incidente e persino la colonna di camion che si era fermata dietro alla gente.
Intorno a me si era raccolta della gente. Vedevo un uomo sui 55 anni, piccolo, tarchiato, che cercava di rianimarmi. Sebbene io mi trovassi in alto e il mio corpo senza vita giacesse in basso, per terra, sentivo con chiarezza quel che la gente diceva; anzi, oltre a sentire quello che diceva, percepivo anche quello che pensava, probabilmente grazie a una sorta di trasmissione del pensiero.

L'uomo mi iniettò qualcosa nel braccio sinistro.

L'uomo si inginocchiò alla mia destra e mi iniettò qualcosa nel braccio sinistro. Intanto dall'altra parte altre due persone mi reggevano e mi liberavano dai vestiti. Vedevo che il medico mi divaricava le labbra con un pezzo di legno, e mi toglieva dalla bocca frammenti di vetro. Quando il medico mi mosse, mi resi conto anche che avevo degli arti fratturati e che alla mia destra si andava allargando una pozza di sangue. Vidi anche che il medico tentava di rianimarmi artificialmente, ma poi constatò che avevo anche le costole rotte e disse: «Non posso fargli il massaggio cardiaco.» Dopo qualche minuto si alzò e dichiarò: «Non si può fare più niente; è morto.» Parlava in dialetto bernese e un italiano un po' strano.
La scena mi sembrava buffa; mi veniva quasi da ridere perché sapevo di essere vivo, sapevo che il mio io non era morto. Trovavo tutto quel che succedeva molto comico, ma non mi disturbava, anzi; gli sforzi di quella gente mi divertivano. Cercavo di dir loro «dall'alto»: Ehi voi, io sono qui, sono vivo! Lasciate stare quel corpo. «Io sono vivo, mi sento bene...»; ma loro non mi capivano e io non potevo farmi sentire, perché : «Lassú» non avevo né gola né bocca.

Una signora ticinese con la sua bimba.

Stranamente, oltre a percepire le parole pronunciate, percepivo anche i pensieri delle persone presenti sul luogo dell'incidente. Per esempio, una signora ticinese, con una bimbetta che poteva avere 7 anni, quando vide la mia salma si spaventò moltissimo. La bambina fece l'atto di scappare via subito, ma lei la trattenne per qualche minuto tenendola stretta con la mano sinistra e recitò mentalmente un «Padre nostro» e un'«Avemaria» e poi chiese al Signore la remissione dei peccati dell'uomo ucciso. Quella generosa preghiera mi comunicò grande gioia; mi impressionò profondamente l'altruismo con cui era stata formulata. Avvertivo una radiazione amorosa.
Invece un uomo piuttosto anziano coi baffi formulò pensieri negativi nei miei confronti: «Questo è rimasto fregato; ma è sicuramente colpa sua. Dev'essere uno di quelli che corrono come pazzi infischiandosene di tutti». Io «dall'alto» cercavo di dirgli: «Smettila con queste sciocchezze. Non ero io alla guida, io stavo seduto vicino al conducente».
E avvertivo anche le vibrazioni malevole, negative, che quell'uomo emanava. Insomma, vedermi morto, poter osservare tutto dall'alto come spettatore, senza emozioni. in una condizione celestiale, sapendo di «essere vivo» era estremamente interessante. I miei organi sensoriali immateriali funzionavano benissimo e la mia memoria registrava tutto. Ero anche in grado di pensare e di decidere e non avvertivo inibizioni terrene. Fluttuavo sopra il luogo dell'incidente, a circa 3 metri di altezza, in uno spazio pluridimensionale.

Il Sole disegnato da Stefan Von Jankovich.

Poi segui un altro «intermezzo.» L'ultima scena era finita ed i fenomeni prima iniziati aumentavano di intensità. Mi allontanai dal luogo dell'incidente perché non mi interessava piú, Decisi di andarmene... ed ecco che stavo già volando. Intorno a me tutto era straordinariamente calmo, armonioso e splendido. I suoni e i giuochi di luce, sempre più forti e sempre più pieni, mi sommersero completamente. Avvertivo con chiarezza vibrazioni armoniche. Poi a destra, in alto, vidi il Sole. Chissà perché, lo vedevo «pulsare» a destra, non direttamente sopra di me.
Perciò continuai a volare in quella direzione, verso destra. E il Sole diventava sempre più luminoso, sempre più radioso, e pulsava sempre più forte. Oggi capisco perché tanti popoli e tante religioni considerano il Sole il simbolo di Dio o addirittura adorano un Dio Solare.
Continuai a volare in solitudine, però non avevo la sensazione di essere solo, ma di essere circondato da esseri che mi volevano bene. Intorno a me tutto era tranquillizzante, armonioso e stupendo.

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Vi Racconto la mia Morte
di Stefan Von Jankovich

(edizioni mediterranee)

Un libro in cui l'autore stesso racconta quello che gli è capitato durante la sua morte apparente provocata da un incidente stradale. Jankovich definisce la sua morte "la più bella esperienza della sua vita."
La storia di Stefan Von Jankovich si può leggere nel libro PDF cliccando il link riportato qui sotto:
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